La Germania chiede all’Europa di utilizzare tecnologie open

Mentre il mondo digitale si muove a ritmi vertiginosi sotto la spinta dei colossi tecnologici americani, in Germania emerge una voce che predica un ritorno alla sovranità digitale. Al recente evento re:publica a Berlino, il Ministro federale per il digitale e la modernizzazione dello Stato, Karsten Wildberger, ha lanciato un messaggio chiaro e consapevole: l’Europa deve riprendere in mano le redini del proprio destino tecnologico promuovendo open standards e open source come fulcro della propria infrastruttura digitale.

Wildberger, che da poco ha lasciato la guida di MediaMarkt e Saturn, ha sottolineato quanto l’Europa sia ancora profondamente dipendente dai provider cloud statunitensi. Oltre tre quarti dei dati europei risiedono su infrastrutture come AWS, Google Cloud o Azure, un’egemonia che trascende il mero ambito tecnologico per diventare un fattore strategico e geopolitico . Da questa realtà nasce la sua proposta: costruire un “stack tedesco”, un ecosistema digitale basato su tecnologie concepite e gestite in Europa, radicate nei principi di trasparenza, rispetto dello stato di diritto e libera concorrenza.

L’idea del Ministro non si limita all’ambito del cloud: egli ha evidenziato la necessità di infrastrutture europee per i pagamenti digitali. Il fatto che circa l’80 % dei provider attuali non abbia sede nell’Unione significa che dati sensibili escono continuamente dalle normative UE, con rischi evidenti in termini di privacy e giurisdizione . Sul fronte dei social network, Wildberger esprime la volontà di sviluppo di piattaforme decentralizzate basate su interfacce aperte. L’obiettivo è offrire agli utenti alternative che riflettano valori europei, piuttosto che dover dipendere esclusivamente dall’impostazione centralizzata dei giganti del web.

All’insegna della digitalizzazione della pubblica amministrazione, emerge il tema di un governo elettronico efficiente e interoperabile. Il Ministro annuncia l’intenzione di fondare un Centro federale per la sicurezza IT, collaborando con il BSI, per garantire servizi pubblici digitali robusti. La nascita di identità digitali EUDI a livello europeo rappresenta inoltre un ulteriore passo verso un’autenticazione condivisa, sicura e resistente a lock-in geopolitici. Molti sottolineano che “la dipendenza dall’open source europeo è già nota da tempo, ma finora i progressi sono stati lenti e frammentati”.

Diversi utenti richiamano l’esperienza di LiMux a Monaco, il primo tentativo di passaggio completo a Linux nell’amministrazione locale, che però fu abbandonato anni dopo. Questo ricorda che l’ideologia va accompagnata da investimenti concreti e da una governance europea realmente coordinata . È interessante notare che le proposte del Ministro coincidano con gli obiettivi dell’Open Source Business Alliance, un’associazione tedesca che punta a un uso integrale di software libero nei progetti pubblici entro il 2035, e a promuovere cloud federati, interoperabilità, sostenibilità e trasparenza.

In ultima analisi, l’appello di Wildberger ha una portata simbolica e politica: intende stimolare un dibattito sui fondamenti della nostra sovranità digitale, richiamando al ruolo di investimenti pubblici, volontà politica e coesione europea. Parole come “stack tedesco” o “digital identity EUDI” non sono meri slogan, ma indicano una direzione precisa, da tradurre in risorse, infrastrutture e piani operativi. Resta tuttavia la sfida più grande: trasformare l’eccitazione intellettuale in una roadmap concreta. L’Unione Europea dovrà trasformare questi principi in programmi strutturati, garantire che lo sviluppo degli open standards sia supportato da effetti economici reali, e dotare start-up e PMI di spazi di sperimentazione protetti ma produttivi. Solo così l’aspirazione a una sovranità digitale europea potrà vincere la concorrenza globale, diventando una via praticabile più che un ideale suggestivo.

In definitiva, l’intervento di Wildberger potrebbe essere la scintilla che l’Europa attende da tempo: un mix di pragmatismo tecnologico, volontà politica e apertura verso l’open source, capace di restituire all’Europa il controllo sui propri sistemi digitali. La strada sarà lunga, ma forse per la prima volta abbiamo un ministro che mette al centro dell’agenda non solo i simboli, ma una strategia concreta per affermare standard aperti e sovranità europea.

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